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Vaccinazione anti–epatite B

L’Epatite B è una malattia infettiva del fegato causata dal virus HBV della famiglia degli Hepadnaviridae.
Il contagio avviene tramite il contatto con sangue infetto o altri liquidi biologici. La malattia può anche essere trasmessa al figlio durante la gravidanza.
L’Epatite B può portare a complicanze serie, che si manifestano dopo molti anni, come epatite cronica, cirrosi epatica e cancro del fegato.
La malattia è endemica in molti Paesi, tra i quali l’Italia; è una delle principali patologie infettive alle quali sono esposti gli operatori sanitari. Oltre a questi ultimi, i soggetti a rischio sono i tossicodipendenti, chi pratica rapporti sessuali non protetti e i familiari in contatto con persone infette. Altri contesti ad elevato pericolo di contagio sono tutte quelle attività che prevedono l’uso di aghi e siringhe non sterilizzate (tatuaggi, piercing ecc.).
La vaccinazione venne introdotta nel 1988 per i soggetti ad alto rischio, divenne obbligatoria nel 1991 per tutti i nuovi nati e per i dodicenni fino al 2003.
I vaccini si basano sull’utilizzo di una delle proteine che costituiscono l’involucro del virus, sono sicuri ed efficaci e forniscono immunità di lunga durata.
La vaccinazione viene somministrata a tutti i lavoratori della Sanità in tre dosi. In caso di esposizione a rischio immediato di infezione, si ricorre alla somministrazione in quattro dosi.
I lavoratori nati dopo il 1980 devono sottoporsi ad un test per verificare la presenza degli anticorpi contro il virus dell’Epatite B. Se il test risulta negativo, si somministra il vaccino in una sola dose.
 
 
 

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